La mediazione finalizzata alla conciliazione, strumento di definizione amichevole e stragiudiziale delle controversie è compiutamente inquadrata in una più ampia manovra di riforma dell’intero sistema giustizia. Sin dalle prime esperienze legislative in tema di conciliazione-mediazione, si è cercato di puntare alla ricerca di professionalità, efficienza e qualità del servizio di definizione stragiudiziale delle dispute, al fine di offrire alla collettività, enti, associazioni, imprese, strumenti più agili, economici e partecipativi del giudizio.
Il legislatore prima, in chiave di stesura dei testi di legge, e il Ministero della Giustizia poi, in chiave di adozione di atti attuativi delle riforme legislative, sono stati costantemente e concordemente impegnati nella ricerca di quella qualità e professionalità imprescindibile per ogni servizio di mediazione e gestione stragiudiziale dei conflitti.
Dalla legge delega 69/2009 (art. 60) al decreto legislativo 28/2010, fino a giungere al Regolamento di attuazione (D.M. 180/2010) e alle recenti modifiche allo stesso contenute nel D.M. 6 luglio 2011, n. 145; la mediazione ha accolto l’importante sfida di ampliare concretamente e in modo efficiente i canali di accesso alla giustizia, sul monito comunitario del better access to justice.
Le principali novità in materia riguardano tanto le previsioni del decreto legislativo 28/2010, per la parte più operativa e gestionale, quanto quelle contenute nel decreto ministeriale 180/2010 – come recentemente integrato e corretto -, per la parte più organizzativa e burocratica. Entrambi i documenti hanno portato al movimento della mediazione finalizzata alla conciliazione un rilevante contributo.
Sotto il profilo strutturale, l’importanza di un servizio di mediazione è evidenziata sia dal punto di vista soggettivo, sia di quello oggettivo. Per quanto attiene al primo profilo, assumono particolare rilievo la figura del mediatore, gli organismi di mediazione, le parti e i rispettivi assistenti, il Responsabile del Registro e il Responsabile dell’Organismo di Mediazione. Con riferimento al secondo, vengono in esame innanzitutto le materie di cui si occupa il decreto 28/2010, il Regolamento di mediazione, il Codice etico dell’organismo di mediazione, le clausole di mediazione e le indennità del procedimento, la riservatezza, tutti quei criteri per l’iscrizione degli Organismi nel Registro, nonché ogni altro profilo necessario per definire, soprattutto agli occhi del Ministero della Giustizia, la funzionalità del servizio di mediazione.
Per visionare il testo del decreto 28/2010, clicca qui.
La preparazione, nell’attuale sistema disegnato dai D.lgs. 28/2010 e DD.MM. 180/2010 e 145/2011, è un aspetto assolutamente fondamentale per la crescita di una mediazione di qualità, che unisca diversi profili: competenza ed esperienza nell’ambito professionale in cui si interviene (il tirocinio infatti è assistenza ad altrui esperienze di mediazione), capacità gestionali, negoziali, comunicative e di ascolto empatico.
Il diritto, dunque, come la comunicazione, l’ascolto, la persuasione, la creatività nella formulazione di domande, la lettura dei comportamenti e interessi delle parti, intervengono nell’impianto cosi disegnato in modo significativo, caratterizzando l’intervento del mediatore tanto ai fini compositivi della lite, quanto nella eventuale fase valutativa-aggiudicativa.
Completare le proprie esperienze, arricchire le proprie capacità e crescere professionalmente sono obiettivi che un mediatore serio vuole e deve perseguire, mirando a diffondere – attraverso comportamenti e azioni – la cultura della mediazione, del dialogo costruttivo, del confronto aperto, anche durante i singoli incontri di mediazione.
L’autorevolezza del mediatore importante per gestire il procedimento di mediazione in ogni sua fase, partendo dal presupposto che le parti in lite sono e restano essenzialmente esseri umani, con proprie debolezze e punti di forza, aspettative e delusioni, atteggiamenti costruttivi e ostruzionistici, emotività e apparente freddezza. Esseri umani che spesso non sono abituati a confrontarsi di propria iniziativa per dialogare e imparare (arricchendosi l’un l’altro) dalle diversità, ma che si affidano, quasi come se fosse necessario azionare il pilota automatico in determinati frangenti in cui gli animi si surriscaldano, a comode deleghe (delego a te avvocato affinchè mi difenza e mi faccia avere ragione). Deleghe che comportano anche una perdita – a volte parziale, a volte totale – del contatto con i propri interessi reali in gioco, con quei bisogni che solo la persona direttamente coinvolta in una questione, problematica o criticità, è in grado di manifestare.
Spesso non si ha una piena cognizione delle differenze che esistono tra la veste giuridica che l’avvocato deve dare, per mandato e per esigenze di carattere processuale, alle ragioni dei propri assistiti, che assumono il nomen di diritti e pretese, e quelli che sono i reali interessi e bisogni in gioco. Tale differenza deve essere tenuta in debita considerazione dal mediatore, che oltre a rappresentare una spugna per filtrare l’acqua sporca presente in ogni scambio comunicativo o rapporto alterato o compromesso dal conflitto, non deve mai perdere di vista cosa realmente è importante per le parti in lite, chi sono, perché sono lì, cosa si aspettano, quali emozioni negative o positive hanno. E’ fin troppo facile perdere di vista ciò che realmente sta a cuore alle parti: è facile per le parti stesse, che spesso cambiano atteggiamenti, stati d’animo, intenzioni, anche per una frase mal detta o mal riferita, ovvero per un tono di voce percepito come aggressivo o di attacco; è facile per il mediatore, che deve prestare la massima attenzione a ogni linguaggio utilizzato dalle parti durante la mediazione, verbale e non verbale, verificare la congruenza tra gli stessi, lavorare con metodo e meticolosità, per non farsi disorientare tra possibili urla, offese, distanze comunicative.
Lavorare con la testa, dunque, facendo un piano negoziale flessibile, da aggiornare di volta in volta, tenendo a mente i momenti vissuti all’interno del procedimento di mediazione, l’esperienza pratica acquisita nella gestione della singola mediazione, i comportamenti avuti dalle parti durante gli incontri congiunti e riservati, gli obiettivi che le parti si prefiggono di raggiungere, ogni altro dettaglio che consente di avere un quadro chiaro, evitando pericolose zone d’ombra che possono minare il lavoro già fatto.
Lavorare con intelligenza, senza farsi fuorviare da altrui comportamenti, che potrebbero essere improntati anche alla scorrettezza.
Lavorare con consapevolezza, coscienti del fatto che ogni mediatore deve avere un proprio peso e ruolo, nessuno può essere un tuttologo e quindi saper gestire ogni situazione di conflittualità in ogni contesto professionale; tutti, però, possono integrarsi e completarsi attraverso le altrui esperienze di mediazione, come tirocinanti, mediatori o, perché no, anche come assistenti di parte.
Il futuro è nelle O.D.R. (Online Dispute Resolution), nei sistemi di definizione e composizione stragiudiziale delle controversie, che mirano a diffondere la cultura del dialogo e del confronto come regola operativa, anche in contesti telematici (es. videoconferenze) e con riferimento ad argomenti più o meno legati al mondo di internet e dell’e-commerce.
Recentemente vi è stata una Proposta di un Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla risoluzione delle controversie online dei consumatori (cd. regolamento sull’ODR per i consumatori). Una proposta che, insieme alla proposta di direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (cd. direttiva sull’ADR per i consumatori), mira a dare rilievo ai mezzi di ricorso dei consumatori per le operazioni transfrontaliere di commercio elettronico.
L’ambito di applicazione viene individuato sin dai considerando iniziali, nei quali si parla dell’opportunità di applicare il Regolamento alla soluzione stragiudiziale di dispute contrattuali tra consumatori e professionisti, che sorgono dalla vendita di beni o dalla fornitura di servizi online a livello transfrontaliero. Si aggiunge, poi, che non deve essere applicato alle controversie tra consumatori e professionisti relative alla vendita di beni o alla fornitura di servizi online, se almeno uno di essi non è stabilito o non è residente in uno Stato membro dell’Unione al momento dell’ordine dei beni o dei servizi, ovvero se il professionista e il consumatore sono entrambi stabiliti o residenti nello stesso Stato membro.
Diversi sono i meriti della Proposta in esame. Innanzitutto si presta attenzione alla necessità di garantire un’offerta completa e organica dei sistemi di ADR per la risoluzione delle controversie dei consumatori legate all’e-commerce . Inoltre, si perseguono gli obiettivi della celerità e delle economicità che sono alla base di ogni sistema di ADR, garantendo ai consumatori la possibilità non solo di presentare il reclamo online, ma anche di condurre l’intero procedimento in ambiente telemativo.
Si crea un intreccio imprescindibile tra fiducia nell’e-commerce, specie con riferimento alle operazioni trasfrontaliere, e presenza di un efficace sistema di ricorso per i reclami connessi a tali operazioni. Scindere tale legame significa causare effetti negativi sia sui consumatori, sia sui professionisti e sulle imprese. I consumatori perchè gli stessi perdono o limitano drasticamente la possibilità di fare acquisti oltre frontiera, scegliere prodotti che posssano soddisfarli anche a un prezzo più vantaggioso; i professionisti e le imprese, specie quelle piccole e medie, sono dissuase, come si ricorda nella parte introduttiva della Proposta di Regolamento, dall’acquisire capacità amministrativa necessaria per trattale le dispute con i consumatori che risiedono in un altro Stato membro, e tutto ciò impedisce lo sviluppo del mercato interno globale.
Tra i numerosi studi effettuati sul campo, è emersa chiaramente la necessità di sostenere e migliorare gli strumenti ODR, in particolare per le operazioni di e-commerce, settore in cui il numero di reclami, specie di basso valore, è crescente. Per strutturare un sistema operativo efficiente di gestione dei reclami è necessario altresì fornire informazioni adeguate e complete sulla procedura da affrontare e sui possibili esiti della stessa. La conoscenza è di per sè veicolo per diffondere con credibilità e facilità strumenti che son utili e vantaggiosi, sotto tanti punti di vista.
Tra i punti da segnalare della Proposta, è importante ricordare l’istituzione di una piattaforma europea di risoluzione delle controversie online (piattaforma ODR), che si presenta come un sito web interattivo che offre un unico punto di accesso per i consumatori e per le imprese che desiderano risolvere stragiudizialmente le controversie relative a operazioni transfrontaliere di e-commerce. Un sito-piattaforma accessibile in tutte le lingue ufficiali dell’UE, con la possibilità per i consumatori e professionisti di presentare reclami attraverso appositi moduli scaricabili dal sito stesso e di trasmettere i reclami all’Organismo di risoluzione alternativa delle controversie competente (ADR).
Un sistema ODR, come ricordato nei considerando iniziali, a livello europeo deve basarsi sugli organismi ADR esistenti negli Stati membri e rispettare le tradizioni legali di questi ultimi; infatti, gli organismi che ricevono un reclamo trasmesso mediante la piattaforma ODR devono applicare, si ricorda nel testo dei considerando, le proprie norme procedurali, incluse le regole riguardanti i costi. Il Regolamento intende, però, istituire alcune regole comuni da applicare a tali procedure per salvaguardarne l’efficacia, e con riferimento a ciò preme ricordare che le caratteristiche dei tradizionali sistemi di ADR sono salvaguardate e anzi rimarcate, e si presta attenzione alla partecipazione, economicità, riservatezza e celerità nel processo di gestione del reclamo.
Per una lettura più approfondita della Proposta, è senz’altro utile e opportuno consultare il testo relativo alla Proposta di un Regolamento.
“È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei” (Jean-Paul Sartre)
Parlare di deontologia, in generale e con particolare riferimento alla mediazione, è quanto mai attuale e significativo, per tanti risvolti applicativi e operativi, tutti legati alle figure professionali che a vario titolo sono tenute a osservare determinati principi e presenziare con correttezza e senso di responsabilità al tavolo della mediazione. Figure che identificano ruoli, poteri, azioni, comportamenti, rilevanti nel processo comunicativo e negoziale.
Deontologia come complesso di norme comportamentali che disciplinano l’esercizio di una professione, come abito che i professionisti devono indossare prima, durante e dopo l’incontro della mediazione. Deontologia per l’avvocato che accoglie le istanze di giustizia del proprio cliente; deontologia dell’assistente-avvocato che supporta le argomentazioni, le ragioni, gli interessi, le necessità dell’assistito in chiave negoziale durante lo svolgimento della mediazione; deontologia del mediatore-avvocato, tenuto ad osservare i principi e le regole di buona condotta, preparazione, correttezza, propri dei Codici deontologici dell’organismo presso cui è accreditato e del Codice deontologico forense, come recentemente modificato.
Potremmo parlare, dunque, di una deontologia 3D, sulla falsariga della tecnologia 3D per la visione di film mediante l’utilizzo di speciali occhiali, in grado di dare qualità e senso di realtà (toccata quasi con mano) o di futuribilità alle immagini proiettate su uno schermo o in un cinema.
Una deontologia che interessa il triplice ruolo dell’avvocato, chiamato ad espletare il proprio incarico con profonda serietà e tutela degli effettivi bisogni del cliente. Triplice è il ruolo, triplice è il momento in cui occorre dare contenuto pratico ai doveri deontologici.
Senza scendere nel dettaglio e senza citare tutti gli articoli che riguardano tali doveri, sotto il profilo operativo è quanto mai essenziale prestare attenzione all’osservanza degli stessi «prima», «durante» e «dopo» il procedimento di mediazione.
Il «prima»: il rapporto con il cliente e la relativa informativa sulla mediazione. Un momento di grande rilevanza, troppo spesso ridimensionato a mero adempimento formale (sulla falsariga dell’informativa privacy, di cui al D.lgs. 196/2003), a partire dal quale si decide se indossare o meno seriamente gli occhiali della deontologia e cambiare (e far cambiare) prospettiva, puntando ad una visione di insieme, e non solo ad un più immediato, e per certi versi semplicistico, approccio litigioso. La scelta del legislatore è stata quella di prevedere per la sola categoria professionale dell’avvocato, un preciso obbligo di informare, all’atto del conferimento dell’incarico, il proprio assistito della possibilità di esperire il tentativo di mediazione finalizzata alla conciliazione, con tutte le agevolazioni di cui agli artt. 17 e 20 D.lgs. 28/2010, nonché della necessità di farlo, in specifiche ipotesi contemplate all’art. 5 dello stesso decreto, perché condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Occorre notare come le parole del legislatore siano chiare, se guardiamo al testo, ma presuppongono un atteggiamento, una lettura, una applicazione di tali parole e delle relative regole, che non può essere soltanto imposta, ma veicolata all’interno degli stessi ambienti dell’avvocatura cui i professionisti appartengono. Dare senso pratico all’informativa scritta, chiara, ispirata alla trasparenza, significa educare l’avvocato in primis ad una deontologia che non sia più mera forma, ma sostanza, che punti alla qualità dei comportamenti, che si fondi su azioni di professionisti aperti al confronto e al cambiamento, nient’affatto abituati a un concetto unidirezionale (e anacronistico) di giustizia o schierati per la difesa di interessi di casta o propri; professionisti favorevoli a una modernizzazione del sistema giustizia fondato su una scelta consapevole, da parte dell’assistito, dello strumento adatto a gestire e risolvere i propri problemi, le proprie criticità e conflittualità, aprendo la porta (multi-door) che più e meglio consente di partecipare, di esserci, di far valere la propria voce.
Il «durante». Pronti, partenza e via. La mediazione entra nel vivo, l’incontro iniziale tra mediatore, parti ed eventuali assistenti, serve a dare ulteriore contezza di come gli occhiali indossati nella fase prodromica alla mediazione, siano assolutamente indispensabili durante il percorso che le parti e l’assistente intraprenderanno e nella fase decisionale. L’avvocato-assistente è davvero una figura centrale, seconda sola alla parte stessa, nell’intero procedimento di mediazione, in quanto sotto il profilo negoziale la sua presenza è in grado di aggiungere elementi di interesse o disturbo, di ricchezza o ostacolo, comunque da gestire e preventivare da parte del mediatore, senza condizionamenti.
I concetti più richiamati e utilizzati nel Codice deontologico forense, ma anche negli altri Codici deontologici delle altre categorie professionali, sono quelli di lealtà e correttezza. Basterebbe solo il richiamo a questi concetti per comprendere quanto sia necessario per il professionista indossare quegli occhiali e farli indossare al proprio cliente. Un richiamo che deve trasformarsi in comportamenti concreti, in cambiamenti di prospettiva, e non restare previsione di intenti, e dunque, con ogni probabilità, lettera morta. La visione di una categoria professionale non attenta a tali basilari regole è alquanto miope e destinata a fallire, specie se rapportata a contesti sovranazionali, in cui la ricerca di qualità e responsabilità è il motto da seguire.
La deontologia, calata nel pieno svolgimento della mediazione, è attenzione costante alle regole della corretta interazione con le parti, con l’assistente dell’altra parte, ma in un senso più propriamente costruttivo deve essere atteggiamento di profondo rispetto e dunque osservazione attenta e attuale di tutti i reali bisogni che il proprio assistito ha, dei suoi dubbi, delle sue perplessità, aspettative, priorità, necessità, che possono variare, e variano, anche più volte all’interno di una mediazione. Un atteggiamento di ascolto e sostegno attuale, finalizzato a creare e selezionare insieme, ove richiesto, le scelte negoziali da intraprendere, a spiegare i possibili contenuti, significati, implicazioni, anche giuridiche, che le stesse possono avere. In altri termini, un sostegno per una negoziazione responsabile.
Le responsabilità hanno senz’altro una funzione educativa, e dunque gli assistenti e gli assistiti (le parti) possono e devono maturare esperienza per educarsi i primi alla regola deontologica principe, quella del rispetto, e i secondi alla regola operativa principale in mediazione, quella della partecipazione attiva e della cooperazione.
Il «dopo». Il dopo, in mediazione, è strettamente collegato alla cultura delle mediazione ed assume diversi significati. Per quanto concerne l’avvocato, le previsioni del Codice deontologico in relazione alla fase successiva all’espletamento delle funzioni di mediatore e ai rapporti con una delle parti della mediazione appena gestita, sono piuttosto nette (si veda l’art. 55-bis). Deontologia in questo caso, però, non dovrebbe essere intesa soltanto come obbligo di non violare il Codice deontologico che prevede delle incompatibilità specifiche, bensì come insegnamento che dall’esperienza di mediazione gestita in qualità di assistente di parte si può e si deve uscire migliorati, aperti al dialogo e al confronto ogni qualvolta sia opportuno e necessario procedere in tal senso. La deontologia esige che venga maturata una piena consapevolezza dei doveri del Codice, che parla di lealtà e correttezza appunto, di fedeltà professionale, di dignità e decoro, di indipendenza (cfr. art. 10, a mente del quale ‘l’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale’), affinchè abbia un senso compiuto la previsione contenuta nel preambolo, che così recita: ‘L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona’.
La possibile mancata conoscenza dell’avvocato e del proprio assistito di tutti gli strumenti effettivamente utilizzabili in presenza di un conflitto, con una attenta informativa su vantaggi e svantaggi, possibili agevolazioni fiscali e costi effettivi di ognuno di essi, impedisce di avere un quadro chiaro su come muoversi, è causa di timori infondati, di frammentarietà, di valutazioni spesso affrettate e non veritiere. Ove ciò accada, a risentirne è la professionalità dell’avvocato e la sua correttezza, ma anche la giusta ricerca di giustizia dell’utente che ha il problema, il quale sempre più spesso vuole un abito tailor made, da scegliere e cucire secondo le proprie esigenze, i propri bisogni e le proprie priorità.
Si tratta essenzialmente di una questione di linguaggio e ad essere chiamati in gioco c’è la norma giuridica, da un lato, e l’autodeterminazione consapevole, dall’altro, che devono confrontarsi e combinarsi in un meccanismo tale che consenta ai diretti interessati, che vivono il conflitto, di scegliere come affrontarlo, gestirlo e risolverlo nei migliore dei modi.
Stefano Rodotà, insigne giurista, sul punto ha così riflettuto: “Proprio perché la premessa delle scelte individuali e collettive affonda in valori che possono profondamente divergere, e la decisione spesso è affare di coscienza, lo strumento del diritto non sempre è quello più adatto a risolvere i problemi che, anzi, possono essere resi più acuti dalla imposizione legislativa di una sola delle posizioni in campo”.
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Qui di seguito l’elenco di decreti, circolari e provvedimenti adottati al ministero della Giustizia in tema di Mediazione finalizzata alla conciliazione.
Per visionare il contenuto di ogni documento cliccare sui testi di seguito evidenziati.
Decreti
Decreto 6 luglio 2011, n. 145 – Regolamento recante modifica al d.m 18 ottobre 2010, n. 180, sulla determinazione dei criteri e modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonchè sull’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’art. 16 del d. lgs. 28/2010
Decreto 18 ottobre 2010 n. 180 – Registro degli organismi di mediazione e elenco dei formatori per la mediazione
Circolari
Circolare 20 dicembre 2011 – Interpretazione misure correttive decreto interministeriale 145/2011
Circolare 13 giugno 2011 – Attività di tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco degli enti di formazione. Indicazioni sull’applicabilità della disciplina del silenzio assenso
Circolare 4 aprile 2011 – Regolamento di procedura e requisiti dei mediatori. Chiarimenti
Provvedimenti e Note
Nota 2 febbraio 2011– Organismi di mediazione ed enti di formazione: nota illustrativa per la compilazione dei modelli di domanda
Provvedimento 4 novembre 2010 – Modelli di domanda per l’iscrizione al registro degli organismi di mediazione e all’elenco degli enti formatori per la mediazione