Aveva la coscienza pulita. Mai usata (Stanislaw Jerzy Lec)
L’onestà è lodata da tutti, ma muore di freddo. (Decimo Giunio Giovenale)
C’era una volta l’intelligenza, il senso della misura, l’onestà intellettuale e la voglia di mettersi in discussione, di aprirsi alla diversità come fonte di ricchezza personale, di percorrere sentieri inesplorati, convinti della bontà di vivere esperienze nuove come rinvigorente per il proprio percorso di vita.
Si avverte, ora più che mai, la netta sensazione che da più parti vi sia una vera e propria caccia alle streghe. Se in un primo momento tale atteggiamento di attacco alla mediazione sembrava appartenere alla nota resistenza nostrana alle cd. novità, al timore di alcuni di essere spodestati, alla paura di un sicuro fallimento (chi avrebbe mai scommesso sui conflitti?), ad una analisi più attenta ci si rende conto che occorre rivedere gran parte del comune senso della decenza (comportamenti, azioni, iniziative, professionalità) e vi è una grave dimenticanza del concetto stesso di intelligenza, da cui tutto dovrebbe partire.
La mediazione ha vissuto e vive, senza voler parlare per eccessi di generalizzazione, picchi di incresciosa approssimazione che ne condizionano spesso e volentieri la percezione da parte della collettività come strumento di civiltà e responsabilità sociale.
Facendo una oggettiva analisi della situazione interna, sembra essere effettivamente di fronte a una caccia alle streghe senza sosta, a un tentativo di svilire ‘a prescindere’ le potenzialità della mediazione, senza pensare minimamente che svilendo la mediazione si svilisce il senso stesso di giustizia, ad essa inscindibilmente legata.
Citando Mark Twain – «Agite secondo giustizia. Sorprenderete alcuni e stupirete tutti gli altri» – ci si rende conto della necessità e urgenza assoluta di ridisegnare completamente concetti quali ‘rispetto’, ‘senso del dovere’, ‘civiltà’, ‘decenza’.
È bene dire ‘basta’.
Basta a tutte quelle iniziative dirette solo a monetizzare l’altrui ignoranza. È sinonimo di assenza di umanità e desiderio di calpestare tutto e tutti. Il pro è breve ed immediato, il contra è eterno e pesa sulla coscienza.
Basta a tutte quelle campagne finalizzate a creare disinformazione (dettate da intenti a dir poco fraudolenti), a diffondere paura e scetticismo cronico (creato ad arte ed ulteriore rispetto a quello di cui già gode di per sé l’essere umano), a minare continuamente il lavoro fatto di serietà e sacrifici di chi crede realmente nel cambiamento.
Basta all’improvvisazione, non ci si improvvisa mediatori e formatori, non quando si ha a che fare con il cuore di una vicenda umana, professionale, familiare, relazionale, non quando si da alla professione del mediatore e del formatore una centralità assoluta, che unisce passione, entusiasmo, capacità, abilità, competenza, voglia di mettersi in discussione.
Basta puntare solo ai numeri, senza un supporto di qualità ed esperienza, capacità gestionale e organizzazione.
Basta al puzzo insopportabile creato dalla peggiore politica che incontra la peggior mediazione, non ci devono essere dinamiche di casta o protezionismi di categoria.
Basta alla logica della mancata partecipazione ‘tanto poi che vuoi che succeda al mio cliente, al massimo pagherà qualche centinaio di euro’. Si perdono chances davvero significative per i veri protagonisti della disputa, coloro che spesso e volentieri invece restano nelle retrovie, senza mai intervenire, spesso ignari di cosa realmente sia la mediazione.
Basta alla caccia alle streghe.
Non ci sono streghe da perseguitare e condannare, c’è un malcostume che da anni dilaga, che unisce atteggiamenti irriguardosi e strafottenti, che applica logiche di basso livello a dinamiche relazionali delicate, che meriterebbero un trattamento senz’altro più scrupoloso.
Chi ha vissuto e vive, a vario titolo, la mediazione, chi si anima parlandone, chi vive di passione e impeto, chi si impegna seguendone le sorti, sa che la stessa è innanzitutto cambiamento, è cultura, è innovazione. È uno dei pochi strumenti in grado di dare realmente diritto di cittadinanza alle persone, agli esseri umani, nelle dispute che riguardano la propria vita, che toccano il proprio disagio, che interessano le proprie risorse, che abbracciano le proprie aspettative, che colpiscono le proprie emozioni.
Si, dunque, alla decenza professionale, alla dignità, al decoro, alla deontologia, che non è un corso di formazione seguito per obbligo e con distacco, è molto altro, è premura, rispetto, cuore, passione, desiderio di accogliere le diversità e migliorarsi senza calpestare gli altri.
Si all’informazione, alla trasparenza, ai momenti di confronto costruttivo, all’unione e collaborazione, al dilagare di una nuova stagione dei rapporti umani, non più affare di molti, ma strumento di giustizia per molti.
Si alla correttezza nei comportamenti tra le parti, tra gli avvocati, tra gli organismi e gli enti tutti, una correttezza che caratterizzi la professionalità di ognuno, sia la regola e non l’eccezione, sia strumento di appartenenza a una categoria, a un comune modo di pensare e vivere, e non dia la sensazione di isolamento scorato, rispetto alla massa, in chi la vive con convinzione giorno dopo giorno, mentre intorno si banchetta allegramente senza scrupolo.
Si ad una cultura del merito, del lavoro e del sacrificio, la mediazione abbisogna di persone formate nel tempo, di gente che crede con grande coscienza e consapevolezza in ciò che fa, di umiltà, competenza, dedizione, determinazione.
Si a una preparazione accorta di tutti coloro che entrano nel procedimento di mediazione, formarsi alla mediazione significa anche educarsi ed educare ad una gestione personalizzata e partecipata del conflitto. Senza partecipazione diretta spesso subentra il mero tecnicismo. Gli occhi di coloro che vivono la vicenda sono gli occhi da ascoltare, le voci degli altri riferiscono, integrano, completano, ma non potranno mai sostituire sensazioni e percezioni di chi rappresenta il cuore di una vicenda, di un conflitto.
Si a voci che manifestano il proprio sdegno dinanzi a comportamenti del tipo ‘gli italiani sono fatti così, le cose non miglioreranno mai, i conflitti ci saranno sempre’, a coloro che citano e vivono quanto scrive Thoreau – Le cose non cambiano; siamo noi che cambiamo, o Tolstoj – Tutti pensano a cambiare il mondo, ma nessuno pensa a cambiare se stesso. Le citazioni non sono lettura distaccata e surreale delle cose, sono vita e pensiero, azione e responsabilità, dinamismo.
Si a chi osa andare controcorrente, la mediazione ha necessità assoluta di credere nel miglioramento, di credere in se stessa e di diventare grande.
Si all’opportunità di rinascere e progredire.
Colui che non prevede le cose lontane, si espone ad infelicità ravvicinate (Confucio)