Con Decreto 20 luglio 2012, n. 140 è stato adottato il Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. (GU n. 195 del 22-8-2012 ).
Per consultare il testo del Regolamento clicca sul link seguente: Regolamento 140/2012
Con la circolare n. 9 del 10 agosto 2012 (Linee guida in materia di mediazione nelle controversie civili e commerciali), il Dipartimento della Funzione Pubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, fornisce delle linee-guida in materia di mediazione nelle controversie civile e commerciali ex D.lgs. 28/2010, rubricato “Attuazione dell’art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”.
La circolare richiama, oltre alla normativa nazionale, anche la Direttiva 2008/52/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale.
Nel dettaglio, si afferma che nelle diverse fonti normative richiamate non vi siano disposizioni che escludono le pubbliche amministrazioni dall’ambito di applicazione della disciplina introdotta, e si richiama l’art. 1, comma 2, della citata Direttiva, a mente della quale “Essa non si estende, in particolare, alla materia fiscale, doganale e amministrativa né alla responsabilità dello Stato per atti o omissioni nell’esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii)“, argomentando dunque che rientrano nel novero delle controversie disciplinate dal D.lgs. 28/2010 quelle che implichino la responsabilità della P.A. per atti di natura non autoritativa.
Nel concetto di ‘controversia’, come chiarito nella circolare, rientrano sia la crisi di cooperazione tra privati, sia quelle tra privati e pubbliche amministrazioni che agiscono iure privatorum. La controversia ovviamente deve avere ad oggetto diritti disponibili delle parti in lite, come espressamente definito dall’arrt. 2, D.lgs. 28/2010.
Particolare rilievo viene dato anche alla rappresentanza dell’amministrazione in mediazione, fermo restando il riferimento al ruolo dell’Avvocatura dello Stato, che spetta al Dirigente dell’Ufficio dirigenziale generale competente sulla materia oggetto di mediazione, ovvero ad altro dirigente a tal fine delegato. Si parla poi della possibilità di delegare tale funzioni anche a dipendenti di qualifica non dirigenziale che siano dotati di comprovata e particolare competenza ed esperienza nella materia del contenzioso e in quella a cui afferisce la controversia. Anche sul punto si rimanda al testo della circolare.
Per approfondire ogni profilo applicativo e contenutistico, cliccare sul link seguente (documento tratto dal sito ministeriale ufficiale): Circolare 9/2012.
La Suprema Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata con sentenza del 1 agosto 2012, n. 13797, soffermandosi, in particolare, sulla sanzione disciplinare irrogata a un avvocato per aver violato l’art. 38 L.P. in riferimento all’art. 49 ed all’art. 22 del Codice Deontologico Forense. Tali disposizioni sanciscono quanto segue:
Art. 22 – Rapporto di colleganza.
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
I. L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispondere con sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II. L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare.
III. L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
Art. 49 – Pluralità di azioni nei confronti della controparte.
L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive ragioni di tutela della parte assistita.
Clicca qui per il testo integrale della sentenza.
Lo scorso 3 agosto 2012, con 216 voti favorevoli, 33 contrari e 4 astenuti è arrivato il via libera del Senato il quale ha accordato la fiducia al Governo Monti, approvando definitivamente il ddl n. 3426 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese. Il provvedimento diventa così legge.
La norma ha avuto l’ok del C.S.M. che si è pronunciato sul punto con il parere del 5 luglio 2012, n. 3126.
Si propone qui di seguito il Dossier: A.S. 3426: “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante misure urgenti per la crescita del Paese” (Approvato dalla Camera dei deputati), Nota di Lettura n. 137.
Presto online il testo del provvedimento, come pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Riconoscimento di sentenza straniera di divorzio – K. Mascia
TRIBUNALE DI MONZA, sez. IV, 11 aprile 2011, n. 1104 – Pres. Miele – Rel. De Giorgio
Separazione giudiziale – Sentenza di divorzio pronunciata in uno stato straniero – Condizioni di validità – Riconoscimento dell’efficacia della sentenza straniera in Italia – Rispetto dell’ordine pubblico ed accertamento dell’intollerabilità della convivenza e irreparabilità della crisi coniugale.
(L. 31 maggio 1995, n. 218, artt. 3, 32, 64; Reg. CE 27 novembre 2003, n. 2201/2003, art. 3)
La sentenza di divorzio pronunciata da un tribunale dell’Ucraina è valida ed efficacia in Italia ove siano rispettati tutti i requisiti richiesti dall’art. 64 della l. 31 maggio 1995, n. 218 e non sia contraria all’ordine pubblico. Dunque, ai fini del riconoscimento dell’efficacia della stessa, a nulla rileva la circostanza che il diritto straniero preveda che la sentenza di divorzio possa pronunciarsi prescindendo dallo stato di separazione personale dei coniugi, richiesta dal diritto italiano al fine di consentire loro di valutare la possibilità di tornare sui propri passi, ritenendosi sufficiente che il divorzio segua l’accertamento del venir meno della comunione tra i coniugi e dell’irreparabilità della crisi coniugale.
Per visionare il testo della nota a sentenza, cliccare sul link qui di seguito indicato: Nota Mascia