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Io resto a casa

#Iorestoacasa | Mascia & Associati

Einstein diceva:

Il mio ufficio? La mia mente è il mio ufficio“.

La rilevanza degli avvenimenti delle ultime settimane impone a tutti noi, individui, professionisti, studi, enti, aziende, di ripensare le modalità di lavoro, improntandole a criteri di grande responsabilità e rispetto delle regole.

Lo STUDIO LEGALE MASCIA & ASSOCIATI ha comunicato ai propri clienti le modalità di lavoro che sta seguendo e che intende seguire fino a quando non si uscirà da questa situazione complessa e delicata in ITALIA.

Modalità snelle, da remoto, senza appuntamenti in studio, ma utilizzando al meglio ogni tecnologia disponibile.

Restiamo a disposizione per ogni evenienza, nel rispetto delle regole indicate nei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle modalità suindicate.

Anche noi invitiamo tutti voi a restare a casa.

I Nostri contatti

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Professione e futuro – Capturing technological innovation in legal services 2017

Professione legale e futuro – Capturing technological innovation in legal services 2017 – Avv. Alberto Mascia

La Law Society of England and Wales ha pubblicato uno studio di 116 pagine intitolato ‘Capturing technological innovation in legal services‘, nel quale vengono posti in correlazione il settore legale in Inghilterra e le nuove tecnologie – l’automazione avanzata, l’apprendimento automatico (machine learning) e l’intelligenza artificiale (AI) -, per arricchire e potenziare le capacità di avvocati e studi legali attraverso servizi, strategie e strumenti operativi inimmaginabili anche pochi anni fa. Il profondo cambiamento della professione di avvocato, in stretto parallelo agli stravolgimenti sempre più repentini guidati dalle nuove tecnologie, da diversi anni ha reso indifferibile la riflessione sul presente e futuro della professione legale, e in generale di ogni professione.

Nella ricerca pubblicata il cambiamento tecnologico è visto come una grande opportunità per gli avvocati di innovare la propria professione. Gli intervistati sono veri e propri pionieri e ‘early adopter‘ di nuovi modi di lavorare, i quali possono offrire a coloro che ancora guardano il fenomeno dai margini, intuizioni, esempi, pratiche e modelli da seguire. Per questi pionieri, l’innovazione è uno strumento messo al servizio della visione.

Al di là dell’ambito geografico nel quale la ricerca è stata effettuata, e dei suoi contenuti specifici, complessi da riportare nel dettaglio in un articolo, è opportuno e importante riflettere e soffermarsi sui principali e più significativi spunti operativi e strategici che la ricerca individua.

Alcuni numeri iniziali. Quasi 3/4 delle law firm intervistate concordano (47%) e concordano fortemente (24%) che l’innovazione è fondamentale per sfruttare le opportunità e differenziare il proprio studio, aprendosi all’imperativo del cambiamento. In diversi studi legali vi è un divario tra la necessità ‘riconosciuta’ di cambiare e il fare i primi passi verso l’innovazione, per tutta una serie di motivi, tra cui la mancanza di fiducia, di finanziamento, di consapevolezza sul ‘come’ iniziare, o una sconnessione con i senior che prendono le decisioni. Più della metà degli intervistati ha dichiarato che il proprio studio vuole aspettare cosa accadrà, lasciando che siano i pionieri e i secondo utilizzatori a indicare la strada da seguire.

L’attenzione della ricerca si è indirizzata soprattutto su alcuni studi legali pionieri prendendo in esame tre aree in cui la tecnologia influirà sul vantaggio competitivo:

(1) innovazione di prodotto (la tecnologia apre nuove aree di ‘lavoro’ nel settore legale e offre nuove modalità di fornire servizi ai clienti);

(2) processo di innovazione (la tecnologia cambia il modo in cui i servizi sono forniti e l’automazione aiuta ad aumentare la produttività degli avvocati);

(3) innovazione strategica (studi più trasparenti sui prezzi e flessibili con le risorse).

La ricerca rivela che le tecnologie ‘legali’ quali il Natural Language Processing (NLP), l’Intelligenza Artificiale (AI) e gli Assistenti Virtuali, per citarne alcune, offrono possibilità stimolanti per il modo in cui i processi legali possono evolvere o essere reinventati per il futuro, ma sono ancora sconosciute ovvero inesplorate dalla maggior parte dei professionisti del settore.

Nella pratica, l’innovazione tecnologica si presenta con specifiche soluzioni, alcune delle quali vengono di seguito riportate, traendole direttamente dalla ricerca.

Working smart. Gli studi che seguono società fondano l’innovazione su una stretta collaborazione con le stesse, per fornire loro un servizio adatto alle loro esigenze. Cambia il comportamento dei clienti e ciò influenza il modo in cui ogni studio fornisce loro i propri servizi e i differenti modi in cui i clienti si aspettano di interagire.

Innovation hubs. Centri, laboratori, ambienti in cui incubare e accelerare innovazione sono diretti a gestire problemi e questioni legali, attraverso collaborazione e co-innovazione, vera e propria componente chiave dei modelli di business e della innovazione tecnologica in molti studi legali che guardano in avanti.

Robotic Process Automation (RPA). Robot legali, automatizzazione di processi, lavori e operazioni ripetitivi, attività di backoffice gravose, che riduce i costi, assicura rapidità, rimuove il rischio di errore umano, genera maggiore conformità di risultato e libera lo staff per svolgere consulenza e tecnici, aggiungendo valore ai clienti.

Machine learning e Intelligenza Artificiale (AI). Gli algoritmi di machine learning sono (software di AI) progettati per rilevare modelli nei dati e applicarli a nuovi dati per automatizzare specifiche attività. In test di confronto tra i sistemi di apprendimento automatico e il lavoro umano, è stato notato un significativo risparmio di efficienza e tempo nell’utilizzo dei primi.  L’apprendimento automatico funziona meglio in presenza di una grande quantità di dati significativi a disposizione. L’apprendimento automatico potrebbe non essere applicabile a molte attività svolte dagli avvocati e ci sono limiti su alcuni concetti legali (es. ragionevolezza, giustizia).

Predictive Analytics. Le analisi predittive estraggono informazioni da dataset esistenti per determinare previsioni su risultati e trend. Tali strumenti aiutano gli studi legali a gestire il rischio nel processo di decision-making.

Agile resourcing. Cambia il come, quando e dove gli avvocati del futuro scelgono di lavorare (freelance). Determinati sistemi ‘snelli’ (es. BLP’s Lawyers on Demand (LOD) consentono di flettere la dimensione e le capacità del team legale di uno studio legale, in caso di necessità, offrendo expertise senza . L’economia on-demand è il risultato dell’accoppiamento della forza lavoro flessibile con lo smartphone, tutto a portata di click.

Virtual assistants, livechat, chatbox. Società tecnologiche investono su processi di linguaggio naturale, sul deep learning, software di intelligenza artificiale, per creare strumenti innovativi per l’interazione con gli utenti. I chatbots combinano l’intelligenza artificiale con il riconoscimento vocale, con l’obiettivo di creare con gli utenti una comunicazione più simile a una ‘umana’ che a una con un software di AI. Tale modello riduce i costi per le aziende e aumenta l’efficienza per i clienti. Il chatbot presenta un’accessibilità amichevole e, attraverso l’apprendimento automatico, risponde alle domande più frequenti (FAQ). Gli assistenti virtuali possono inserire nuovi clienti e, per lo studio legale, aiutare a gestire l’allocazione del lavoro, il flusso di lavoro e lo stato di un progetto. Gli assistenti virtuali possono fornire un dashboard mostrando quanti casi legali ci sono, quali avvocati li stanno trattando, la durata media di particolari tipi di casi, i diversi risultati, consentendo allo studio di distribuire le risorse in modo ottimale per lo stesso studio e per i clienti.

Innovating for access to justice. Un numero crescente di strumenti tecnologici può facilitare l’accesso alla giustizia. Molti di questi sono in uso ovvero in fase di test da parte degli studi legali e delle agenzie di consulenza, ma con frequenza compaiono nuovi strumenti, sostenuti da eventi come hackathons legali, law school competitions, innovation hubs, e accesso al finanziamento, ma l’adozione degli strumenti migliori è sporadica e il loro uso è ben lungi dall’essere diffusa. Tra gli strumenti ci sono la diagnosi dei problemi, la consegna di informazioni personalizzate, il supporto di self-help, lo streaming in percorsi successivi alla risoluzione.

La ricerca propone poi una guida operativa per l’innovazione degli studi legali, individuando tutta una serie di passi iniziali. La tabella che segue, inserita nella ricerca in commento, suggerisce alcune domande che gli studi possono porsi per comprendere la loro attuale posizione e dove c’è spazio per cambiare (modi per generare idee, affrontare le barriere, migliorare i processi).

La capacità degli studi legali di collegare gli sviluppi attraverso l’innovazione tecnologica e la collaborazione saranno un fattore importante, conclude la ricerca, per il loro successo nei mercati futuri.

Per consultare il pdf contenente tutti gli approfondimenti innanzi menzionati digita sul link che segue: Capturing technological innovation in legal services 2017

La riforma forense è legge

Il Senato della Repubblica ha approvato nella seduta del 21 dicembre 2012 in via definitiva la riforma dell’ordinamento forense, rubricata ‘Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense’, Ddl AS 601-711-1171-1198-B.

Nella lettera inviata da Guido Alpa agli avvocati italiani, il presidente ha evidenziato che attraverso la riforma “l’Avvocatura saprà conservare i valori della tradizione e ammodernarsi assecondando le esigenze di una società moderna”. Infine ha ricordato che grazie alla stessa “i cittadini potranno fruire di un servizio giustizia più efficiente. I giovani avranno maggiori opportunità di lavoro. La crisi economica non prevarrà sulle nostre forze e sulle nostre risorse.

Qui di seguito il Testo della legge.

Alberto Mascia – L’avvocato, l’assistente di parte e il mediatore: una deontologia 3D

È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei” (Jean-Paul Sartre)

Parlare di deontologia, in generale e con particolare riferimento alla mediazione, è quanto mai attuale e significativo, per tanti risvolti applicativi e operativi, tutti legati alle figure professionali che a vario titolo sono tenute a osservare determinati principi e presenziare con correttezza e senso di responsabilità al tavolo della mediazione. Figure che identificano ruoli, poteri, azioni, comportamenti, rilevanti nel processo comunicativo e negoziale.

Deontologia come complesso di norme comportamentali che disciplinano l’esercizio di una professione, come abito che i professionisti devono indossare prima, durante e dopo l’incontro della mediazione. Deontologia per l’avvocato che accoglie le istanze di giustizia del proprio cliente; deontologia dell’assistente-avvocato che supporta le argomentazioni, le ragioni, gli interessi, le necessità dell’assistito in chiave negoziale durante lo svolgimento della mediazione; deontologia del mediatore-avvocato, tenuto ad osservare i principi e le regole di buona condotta, preparazione, correttezza, propri dei Codici deontologici dell’organismo presso cui è accreditato e del Codice deontologico forense, come recentemente modificato.

Potremmo parlare, dunque, di una deontologia 3D, sulla falsariga della tecnologia 3D per la visione di film mediante l’utilizzo di speciali occhiali, in grado di dare qualità e senso di realtà (toccata quasi con mano) o di futuribilità alle immagini proiettate su uno schermo o in un cinema.

Una deontologia che interessa il triplice ruolo dell’avvocato, chiamato ad espletare il proprio incarico con profonda serietà e tutela degli effettivi bisogni del cliente. Triplice è il ruolo, triplice è il momento in cui occorre dare contenuto pratico ai doveri deontologici.

Senza scendere nel dettaglio e senza citare tutti gli articoli che riguardano tali doveri, sotto il profilo operativo è quanto mai essenziale prestare attenzione all’osservanza degli stessi «prima», «durante» e «dopo» il procedimento di mediazione.

Il «prima»: il rapporto con il cliente e la relativa informativa sulla mediazione. Un momento di grande rilevanza, troppo spesso ridimensionato a mero adempimento formale (sulla falsariga dell’informativa privacy, di cui al D.lgs. 196/2003), a partire dal quale si decide se indossare o meno seriamente gli occhiali della deontologia e cambiare (e far cambiare) prospettiva, puntando ad una visione di insieme, e non solo ad un più immediato, e per certi versi semplicistico, approccio litigioso. La scelta del legislatore è stata quella di prevedere per la sola categoria professionale dell’avvocato, un preciso obbligo di informare, all’atto del conferimento dell’incarico, il proprio assistito della possibilità di esperire il tentativo di mediazione finalizzata alla conciliazione, con tutte le agevolazioni di cui agli artt. 17 e 20 D.lgs. 28/2010, nonché della necessità di farlo, in specifiche ipotesi contemplate all’art. 5 dello stesso decreto, perché condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Occorre notare come le parole del legislatore siano chiare, se guardiamo al testo, ma presuppongono un atteggiamento, una lettura, una applicazione di tali parole e delle relative regole, che non può essere soltanto imposta, ma veicolata all’interno degli stessi ambienti dell’avvocatura cui i professionisti appartengono. Dare senso pratico all’informativa scritta, chiara, ispirata alla trasparenza, significa educare l’avvocato in primis ad una deontologia che non sia più mera forma, ma sostanza, che punti alla qualità dei comportamenti, che si fondi su azioni di professionisti aperti al confronto e al cambiamento, nient’affatto abituati a un concetto unidirezionale (e anacronistico) di giustizia o schierati per la difesa di interessi di casta o propri; professionisti favorevoli a una modernizzazione del sistema giustizia fondato su una scelta consapevole, da parte dell’assistito, dello strumento adatto a gestire e risolvere i propri problemi, le proprie criticità e conflittualità, aprendo la porta (multi-door) che più e meglio consente di partecipare, di esserci, di far valere la propria voce.

Il «durante». Pronti, partenza e via. La mediazione entra nel vivo, l’incontro iniziale tra mediatore, parti ed eventuali assistenti, serve a dare ulteriore contezza di come gli occhiali indossati nella fase prodromica alla mediazione, siano assolutamente indispensabili durante il percorso che le parti e l’assistente intraprenderanno e nella fase decisionale. L’avvocato-assistente è davvero una figura centrale, seconda sola alla parte stessa, nell’intero procedimento di mediazione, in quanto sotto il profilo negoziale la sua presenza è in grado di aggiungere elementi di interesse o disturbo, di ricchezza o ostacolo, comunque da gestire e preventivare da parte del mediatore, senza condizionamenti.

I concetti più richiamati e utilizzati nel Codice deontologico forense, ma anche negli altri Codici deontologici delle altre categorie professionali, sono quelli di lealtà e correttezza. Basterebbe solo il richiamo a questi concetti per comprendere quanto sia necessario per il professionista indossare quegli occhiali e farli indossare al proprio cliente. Un richiamo che deve trasformarsi in comportamenti concreti, in cambiamenti di prospettiva, e non restare previsione di intenti, e dunque, con ogni probabilità, lettera morta. La visione di una categoria professionale non attenta a tali basilari regole è alquanto miope e destinata a fallire, specie se rapportata a contesti sovranazionali, in cui la ricerca di qualità e responsabilità è il motto da seguire.

La deontologia, calata nel pieno svolgimento della mediazione, è attenzione costante alle regole della corretta interazione con le parti, con l’assistente dell’altra parte, ma in un senso più propriamente costruttivo deve essere atteggiamento di profondo rispetto e dunque osservazione attenta e attuale di tutti i reali bisogni che il proprio assistito ha, dei suoi dubbi, delle sue perplessità, aspettative, priorità, necessità, che possono variare, e variano, anche più volte all’interno di una mediazione. Un atteggiamento di ascolto e sostegno attuale, finalizzato a creare e selezionare insieme, ove richiesto, le scelte negoziali da intraprendere, a spiegare i possibili contenuti, significati, implicazioni, anche giuridiche, che le stesse possono avere. In altri termini, un sostegno per una negoziazione responsabile.

Le responsabilità hanno senz’altro una funzione educativa, e dunque gli assistenti e gli assistiti (le parti) possono e devono maturare esperienza per educarsi i primi alla regola deontologica principe, quella del rispetto, e i secondi alla regola operativa principale in mediazione, quella della partecipazione attiva e della cooperazione.

Il «dopo». Il dopo, in mediazione, è strettamente collegato alla cultura delle mediazione ed assume diversi significati. Per quanto concerne l’avvocato, le previsioni del Codice deontologico in relazione alla fase successiva all’espletamento delle funzioni di mediatore e ai rapporti con una delle parti della mediazione appena gestita, sono piuttosto nette (si veda l’art. 55-bis). Deontologia in questo caso, però, non dovrebbe essere intesa soltanto come obbligo di non violare il Codice deontologico che prevede delle incompatibilità specifiche, bensì come insegnamento che dall’esperienza di mediazione gestita in qualità di assistente di parte si può e si deve uscire migliorati, aperti al dialogo e al confronto ogni qualvolta sia opportuno e necessario procedere in tal senso. La deontologia esige che venga maturata una piena consapevolezza dei doveri del Codice, che parla di lealtà e correttezza appunto, di fedeltà professionale, di dignità e decoro, di indipendenza (cfr. art. 10, a mente del quale ‘l’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale’), affinchè abbia un senso compiuto la previsione contenuta nel preambolo, che così recita: ‘L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona’.

La possibile mancata conoscenza dell’avvocato e del proprio assistito di tutti gli strumenti effettivamente utilizzabili in presenza di un conflitto, con una attenta informativa su vantaggi e svantaggi, possibili agevolazioni fiscali e costi effettivi di ognuno di essi, impedisce di avere un quadro chiaro su come muoversi, è causa di timori infondati, di frammentarietà, di valutazioni spesso affrettate e non veritiere. Ove ciò accada, a risentirne è la professionalità dell’avvocato e la sua correttezza, ma anche la giusta ricerca di giustizia dell’utente che ha il problema, il quale sempre più spesso vuole un abito tailor made, da scegliere e cucire secondo le proprie esigenze, i propri bisogni e le proprie priorità.

Si tratta essenzialmente di una questione di linguaggio e ad essere chiamati in gioco c’è la norma giuridica, da un lato, e l’autodeterminazione consapevole, dall’altro, che devono confrontarsi e combinarsi in un meccanismo tale che consenta ai diretti interessati, che vivono il conflitto, di scegliere come affrontarlo, gestirlo e risolverlo nei migliore dei modi.

Stefano Rodotà, insigne giurista, sul punto ha così riflettuto: “Proprio perché la premessa delle scelte individuali e collettive affonda in valori che possono profondamente divergere, e la decisione spesso è affare di coscienza, lo strumento del diritto non sempre è quello più adatto a risolvere i problemi che, anzi, possono essere resi più acuti dalla imposizione legislativa di una sola delle posizioni in campo”.

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