Cassazione Civile, Sez. I, 10 maggio 2017 n. 11504
Assegno divorzile. Muta un parametro di riferimento: non è più rilevante il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma è valido il criterio del raggiungimento dell’ ’indipendenza economica’ del richiedente.
I Giudici della Prima Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11504, depositata lo scorso 10 maggio e definita da molti come rivoluzionaria, hanno stabilito, che, ai fini del riconoscimento, o meno, del diritto all’assegno di divorzio all’ex coniuge richiedente è decisiva l’interpretazione del sintagma normativo “mezzi adeguati” e della disposizione “impossibilità di procurarsi mezzi adeguati per ragioni oggettive” nonchè, in particolare e soprattutto, l’individuazione dell’indispensabile “parametro di riferimento”, cui rapportare l’ “adeguatezza-inadeguatezza” dei “mezzi” del richiedente l’assegno e, inoltre, la “possibilità-impossibilità” dello stesso di procurarseli.
Prima di tale pronuncia, il parametro di riferimento cui rapportare l’ “adeguatezza-inadeguatezza” dei “mezzi” del richiedente è stato costantemente individuato dalla Suprema Corte nel “tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente e ragionevolmente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio stesso, fissate al momento del divorzio” (Cass. S.U. n. 11490/90).
Orbene, il Collegio giudicante ha ritenuto tale orientamento non più attuale, finendo per sostenere, in definitiva, che se l’ex coniuge, richiedente l’assegno, possiede mezzi adeguati o è effettivamente in grado di procurarseli, il diritto all’assegno deve essergli negato tout court; mentre, se dimostra di non possederli e prova altresì di non poterseli procurare per ragioni oggettive, tale diritto deve essergli riconosciuto.
A differenza di quanto accade in seguito alla separazione personale – che lascia in vigore, seppure in forma attenuata, i doveri di cui all’art. 143 c.c. -, con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale.
Il matrimonio è considerato un atto di libertà e di autoresponsabilità, nonchè il luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile.
Ad avviso della Suprema Corte, un’interpretazione delle norme sull’assegno divorzile che producano l’effetto di procrastinare a tempo indeterminato il momento della recisione degli effetti economico-patrimoniali del vincolo coniugale, può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia successivamente alla disgregazione del primo gruppo familiare, in violazione di un diritto fondamentale dell’individuo (cfr. Cass. n. 6289/14) che è ricompreso tra quelli riconosciuti dalla Cedu (art. 12) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 9).
Pertanto, si deve ritenere non configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale. L’interesse tutelato con l’attribuzione dell’assegno divorzile non è il riequilibrio delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma il raggiungimento dell’ indipendenza economica, in tal senso dovendo intendersi la funzione – esclusivamente – assistenziale dell’assegno divorzile.
Il Collegio ha ritenuto che un parametro di riferimento – cui rapportare il giudizio sull’ “adeguatezza-inadeguatezza” dei “mezzi” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità “per ragioni oggettive” dello stesso di procurarseli – vada individuato nel raggiungimento dell'”indipendenza economica” del richiedente. Nell’ipotesi in cui venga accertato che quest’ultimo è “economicamente indipendente” o è effettivamente in grado di esserlo, non andrà riconosciuto il relativo diritto.
Per consultare il testo della sentenza, clicca sul link che segue: Cassazione 11504/2017