Si propongono in lettura le NORME RECANTI MISURE PER L’EFFICIENZA DEL SISTEMA GIUDIZIARIO E LA DEFINIZIONE DEL CONTENZIOSO CIVILE contenute nel testo non definitivo del cd. Decreto-Legge Fare approvato dal Consiglio dei ministri in data 15 Giugno 2013.
Nella versione non ancora definitiva del testo del “Decreto Fare”, spicca la parte relativa all’istituto della mediazione civile e commerciale, a cui viene dedicato un capo intero (VIII). Le principali novità, che tanto hanno infuocato il clima di questo periodo che va dalla sentenza della Corte Costituzionale all’approvazione del suddetto decreto, interessano alcuni punti:
Un intervento contenuto in 80 norme, che hanno avuto nell’immediatezza della loro approvazione, letture discordanti, entusiastiche e critiche, in considerazione della delicatezza degli argomenti in esse rappresentati, concernenti l’amministrazione del sistema giustizia e l’esigenza di puntare a una giustizia che tuteli davvero le richieste e le istanze della collettività.
Volgendo lo sguardo al più ampio fenomeno della giustizia, sono ai più note le numerose zone d’ombra che interessano da anni il sistema italiano, stretto com’è tra l’esigenza di garantire una giustizia che sia davvero efficace ed effettiva, una durata breve e ragionevole dei processi che sia in linea con i tempi della giustizia negli altri stati europei, e una necessità forte di consentire alla collettività di scegliere in modo responsabile e informato con quali mezzi tutelare i propri interessi in gioco.
Chiarezza nell’informazione, responsabilità nella scelta, etica nel modo di agire, rispetto nei confronti di chi vive disagi. Sembrano queste le quattro parole chiave che possono e devono accompagnare ogni approccio operativo che interessi da vicino la collettività e tutti i potenziali destinatari, o meglio fruitori, del sistema giustizia.
Un giustizia ancora lontana dall’essere snella, celere, attenta a chi vuole essere accolto, ascoltato e tutelato nei propri disagi e necessità, nei propri interessi e aspettative, nei propri diritti e richieste. Ancora oggi si rincorrono le battute provenienti dagli ambienti più disparati che guardano alla giustizia, al pari della politica, come a un anello debole del Paese Italia, un anello costoso dal colore sbiadito, poco apprezzato da occhi esterni, ormai fuori mercato. Critiche del tutto legittime, visti i numeri desolanti che sono dati oggettivi e non menzogne o prese di posizione soggettiva. Una giustizia in cui sembrano vigere regole non in grado di soddisfare gli interessi della collettività, in cui si è lontani anni luce da un approccio funzionante, sul monito comunitario del ‘better access to justice‘ e dell’accesso a più porte da proporre in un Paese che ambisca a definirsi moderno. Giustizia e modernità, giustizia ed efficienza, giustizia e funzionalità. Binomi che diventano sempre più spesso ossimori.
La giustizia è da troppo tempo dominata da logiche del momento. Partendo da una percezione fatta come comune cittadino, osservatore e professionista del settore, sembra che ci si appassioni alle tematiche della giustizia solo quando si tratti di fare scelte eclatanti e impressionare le folle. La giustizia non può e non deve essere tutto questo, non può e non deve vivere di momenti, di umori, di stati d’animo, non è un elettroencefalogramma piatto in attesa di miracoli. Non può e non deve impressionare, a quello pensano i prestigiatori nelle tende di un circo, ma può e deve testimoniare la propria presenza con convinzione e costanza, perchè convinte e costanti devono essere le risposte da dare a chi soffre per una ingiustizia patita per altrui responsabilità (sul punto urge una riflessione seria sulla responsabilità in capo a giudici/magistrati), a chi patisce per un processo durato secoli (rispetto alla complessità della materia), a chi è coinvolto nella logica del ‘tira e molla’ promossa da chi approfitta dell’assenza di filtri importanti preventivi (se non in specifiche ipotesi) per dilazionare i propri torti, se mai verranno pagati, e sfidare ogni buon senso e rispetto.
Una giustizia che non sia monopolio di improvvisati impreparati fuori dalle aule dei tribunali, ma nemmeno monopolio di logiche prettamente giuridiche e atavicamente avversariali di corti, luoghi entrambi poco deputati a dare effettività alle richieste di giustizia e prima ancora ad accogliere le istanze di mutamento del modo di agire e porsi dinanzi a un problema, un conflitto, una criticità. A volte sembra che tutto possa essere gestito come una questione di tipo organizzativo, quando invece il problema è innanzitutto culturale, mentale, comportamentale.
Una chiosa finale sembra doverosa.
Per decollare, lo strumento della mediazione non ha bisogno nè di mode, nè di entusiasmi fasulli e inconsistenti, nè di illusioni, nè di copertine, nè tantomeno di promesse che non affrontano i veri problemi. Non ha nemmeno bisogno di compromessi che possono sminuire la qualità di un servizio al costo di catturare il consenso di chi dissente. Se un compromesso deve essere fatto, non deve pregiudicare la formazione e preparazione seria di chi deve gestire tali procedimenti, con la dovuta preparazione, con la dovuta esperienza, evidentemente non soltanto ‘di materia’. In caso contrario, si corre il rischio di disperdere quella necessaria qualità che diventa l’unico baluardo irrinunciabile per tutelare un accesso ampio, diversificato, effettivo e funzionante alla giustizia. Fomarsi serve a tutti ed è utile per tutti, anche per coloro che da anni navigano tra le intemperie del sistema giustizia, qualunque ruolo occupino, assistenti, difensori, consulenti. Serve per aprirsi a un mutamento, per rafforzare una convinzione, per predisporsi ad azioni concrete, per contribuire a migliorare l’amministrazione della giustizia, per fornire al meglio la propria ricchezza esperienziale e gestionale al servizio degli altri. Una formazione che dovrebbe avere connotati di uniformità in un più ampio quadro di riferimento comunitario, non essere accantonata in alcuni casi e essere prescritta in altri, come se si decidesse di lasciar fumare alcuni mentre si sanzionano altri.
Ogni commento ulteriore sul punto sarebbe quanto mai necessario, ma in questa sede superfluo.
Parlare di una giustizia funzionale, efficiente, moderna, snella, economicamente sostenibile, alla portata di tutti, significa preparare il terreno e farsi attori di un mutamento più ampio e consapevole, che veda coinvolti tutti, dalle scuole alle istituzioni, dalla collettività ai professionisti che devono inscenare una nuova stagione nella gestione delle relazioni e dei conflitti, dai programmi formativi di qualità alla percezione di un reale valore aggiunto che la mediazione può offrire, tanto a livello informativo, quanto applicativo. Senza questi passaggi, tutti importanti, tutti necessari, che sono momenti imprescindibili di un percorso temporale più ampio, si corre il rischio di agire coprendo le buche esistenti con rattoppi, senza pensare a mettere fondamenta solide e utilizzare materiale di qualità. Senza questi passaggi si corre il rischio di spendere fiumi di paroloni e titoloni, senza che dietro ci sia il sostegno di una profonda convinzione di fare qualcosa di realmente significativo.
Si propone in lettura la risposta del Vice-Presidente del CSM Vietti alla lettera a lui indirizzata in data 16 maggio 2013 da parte dell’Associazione senza scopo di lucro APM (Avvocati Per la Mediazione). Il confronto tra APM e CSM, l’ultimo incontro si è tenuto lo scorso 20 maggio 2013, fa seguito a tutta una serie di incontri già tenuti e finalizzati a aprire un dibattito chiaro, trasparente e diretto sulle tematiche legate alla mediazione all’interno del nostro Paese. La strada da seguire è quella di far attecchire su tutto il territorio nazionale una cultura della mediazione in modo radicale e strutturato, seguendo le orme e l’esperienza di moltissimi paesi europei. Una cultura che abbisogna di cambiamenti significativi tanto sotto il profilo educativo e formativo, quanto sotto quello dell’applicazione concreta e mirata dell’istituto.
Non è la prima volta che l’associazione APM, sempre attenta alle esigenze legate al mondo della giustizia e alla necessità di effettuare mutamenti significativi nel modo di approcciarsi alla gestione dei conflitti, si rivolge alle massime cariche dello Stato e propone momenti di confronto nella comune direzione di costruire, programmare e realizzare iniziative e progetti utili all’intera collettività.
Per visionare la risposta del Vice-Presidente CSM Vietti ad APM, clicca qui.
Interessanti e piuttosto operative, sotto il profilo contenutistico e culturale, le osservazioni che il Tribunale di Siena propone in una recente sentenza del 25 giugno 2012, in quanto interessano uno degli aspetti più controversi della nuova disciplina sulla mediazione contenuta nel D.lgs. 28/2010, la mancata partecipazione non motivata al procedimento di mediazione.
Ferme restando le considerazioni che il giudice propone nella sentenza, di cui si allega di seguito il contenuto, vale la pena soffermarsi sulla disposizione che genera il dibattito e cattura l’attenzione, vale a dire l’art. 8, comma 5, ultimo periodo del suddetto decreto, introdotto dall’art. 2, co. 35 sexies d.l. 138/2011, così come modificato dalla legge di conversione 148/2011, a mente del quale “Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per giudizio“.
Alcune evidenziature sono opportune.
Il giudice in maniera abbastanza chiara e diretta ricorda che “la mediazione obbligatoria, senza violare il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, introduca un ulteriore strumento di tutela dei diritti, la cui effettività, potenzialmente non minore di quella della giurisdizione nell’odierno contesto, necessita rebus sic stantibus del presidio dell’obbligatorietà, stante la novità dell’istituto“.
Mediazione, dunque, come espressione del better access to justice; mediazione quale strumento di definizione stragiudiziale delle dispute, nient’affatto subordinato e/o di valenza inferiore rispetto al Grande Fratello del Giudizio; mediazione che necessita del presidio dell’obbligatorietà (su quest’ultimo punto tanto si potrebbe e dovrebbe dire, anche in considerazione dell’importanza che tale tentativo ha e può avere per una corretta operatività dello stesso, non come mero formalismo cui adempiere, ma utile e potente alleato per una gestione più diretta e responsabile del conflitto); mediazione che riceve il placet del Parlamento Europeo il quale al punto 9 della propria Risoluzione 13 settembre 2011 n. 2011/2026(INI) ha osservato che “i risultati raggiunti, in particolare in Italia, Bulgaria e Romania, dimostrano che la mediazione può contribuire a una soluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie attraverso procedure adeguate alle esigenze delle parti”.
Si inizia a diffondere la consapevolezza tra gli addetti ai lavori, unita a una presa di responsabilità di cosa, in termini di efficienza del sistema giustizia e di miglioramento della qualità di gestione delle conflittualità, si può fare a livello di controllo e intervento sull’effettivo rispetto della normativa, spesso elusa attraverso comportamenti a dir poco incresciosi, poco chiari e molto al limite di persone e professionisti che prendono l’esperimento del tentativo di mediazione come una forzatura inutile, come una passeggiata obbligata al parco fatta durante una giornata di grandine, spesso con malumore e con scetticismo.
Non che lo scetticismo iniziale sia sbagliato, specie laddove si compiono attività di gestione a dir poco improvvisata (per utilizzare un eufemismo) dei procedimenti di mediazione, ma dallo scetticismo, tipicamente umano, occorre passare all’acquisizione di un profondo senso di responsabilità, non solo personale, ma anche sociale, perchè la giustizia ha un peso e una importanza sociale piuttosto evidenti.
Altri e due passaggi sono significativi nella sentenza in commento.
Innanzitutto, il giudice rileva che “la prescrizione legale del previo esperimento della procedura media – conciliativa, in quanto intesa allo scopo della deflazione del contenzioso mediante l’offerta di un’effettiva ed attuale possibilità di definizione stragiudiziale della controversia anteriormente alla trattazione della medesima, non possa ritenersi soddisfatta mediante un mero formalistico deposito di domanda cui non faccia seguito alcun comportamento della parte proponente idoneo a perseguire né l’instaurazione di un effettivo ed integro contraddittorio di fronte al mediatore, né l’effettiva fruizione del servizio da quest’ultimo erogato, che trova il suo corrispettivo nel pagamento delle competenze del mediatore“. Tale osservazione si sposa appieno con il vero significato che dovrebbe avere la partecipazione al procedimento di mediazione. Non ha senso, dunque, partecipare solo formalisticamente parlando, i comportamenti che si sposano con il rispetto della normativa sono ben altri e devono testimoniare una reale intenzione di essere presenti e agire per la effettiva fruizione delle peculiarità e utilità che il procedimento di mediazione è in grado di assicurare, se gestito correttamente e con scrupolosità e metodo.
Lo stesso giudice, poi, completa il suo iter argomentativo, sottolineando come “il comportamento elusivo tenuto dalla (parte) attrice opponente nei confronti della prescrizione legale di un presupposto processuale, costituente norma imperativa poiché posta a presidio del giusto processo e della sua ragionevole durata mediante la complessiva deflazione del contenzioso civile, anche nell’interesse pubblico, integri gli estremi della frode alla legge, che da sempre l’interpretazione del Supremo Collegio identifica con il perseguimento in via di fatto di un risultato vietato dalla legge con norma imperativa“.
La parola passa ai fatti, che siano fatti di coscienza e responsabilità. Diversamente si verrebbe a perpetrare l’antico proverbio ‘fatta la legge, trovato l’inganno’, con evidenti ricadute negative in termini di fiducia verso lo strumento, che deve essere messo alla prova seriamente da tutti per dimostrare quanto vale, nonchè in termini di funzionalità dell’amministrazione della giustizia.
Qui di seguito il testo della sentenza.
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RG 772/ 2011
Tribunale Ordinario di Siena
Sezione Unica
Verbale di udienza
Nel procedimento iscritto al n. 772/2011 R.G., avente ad oggetto “xxxxxxx” , promosso da
(omissis)
CONTRO
(omissis)
all’udienza del 25/06/2012 ore 14.25 avanti il GU dott. Stefano Caramellino sono presenti:
– per parte attrice l’avv. xxxxxxxx
– per parte convenuta l’avv. xxxxxxxxxx
Il giudice invita parte attrice opponente a giustificare l’omessa partecipazione al procedimento di mediazione.
Parte attrice nulla dichiara a tale proposito, ma produce lettera di rinuncia al mandato con una comunicazione via fax al n. xxxxxx e un avviso di ricevimento datato 24.05.2012 a xxxxxxxxxx
Il giudice
***
rilevato che la rinuncia al mandato non risulta comunicata né via posta, né via fax ad alcuno dei soggetti che sono parti del presente giudizio, ma al contrario ad una società terza e ad un numero di fax che visibilmente non corrisponde in nulla a quello dell’attore opponente xxxxxxx
considerato che la rinuncia al mandato è atto recettizio
ritenuta pertanto l’inefficacia della rinuncia oggi prodotta, comunque non ostativa della prorogatio dei poteri doveri difensivi ex art. 85 cpc
rilevato che parte attrice xxxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, nonostante quanto disposto dal giudice con ordinanza 29.09.2011, non ha partecipato al procedimento di mediazione obbligatoria
considerato che l’art. 8, co. 5 ultimo periodo d.lgs. 28/2010 introdotto dall’art. 2, co. 35 sexies d.l. 138/2011, così come modificato dalla legge di conversione 148/2011, sanziona tale condotta con condanna a beneficio dell’Erario e non prevede alcuna discrezionalità in capo al giudice per tale ipotesi e che tale legge di conversione è entrata in vigore il 17.09.2011 ai sensi del suo art. 1, co.6
ritenuto che nessuna espressione normativa consenta di argomentare che la novella si applichi alle sole procedure di mediazione instaurate dopo la sua data di entrata in vigore, né tantomeno alle sole procedure di mediazione obbligatoria attinenti a processi iniziati anteriormente alla data medesima: infatti la predetta legge di conversione non reca alcuna norma di diritto intertemporale che deroghi al principio tempus regit actum, che deve pertanto essere interpretato, coerentemente con la natura sanzionatoria della norma, con riferimento alla data del fatto genetico della sanzione, nel caso di specie l’omessa comparizione all’incontro per la mediazione debitamente fissato
rilevato che a seguito di espresso invito del giudice non è stata allegata all’odierna udienza alcuna ragione integrante giustificato motivo per l’omessa partecipazione di parte attrice opponente s.a.s. al predetto procedimento di mediazione
rilevato che il contributo unificato complessivamente dovuto per il presente giudizio ammonta ad €550,00 complessivi, dati dalla somma della fase monitoria e della fase a cognizione piena, pertanto detta parte deve essere condannata al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di identico importo
rilevato che la partecipazione degli altri tre attori opponenti alla mediazione obbligatoria
costituisce questione pregiudiziale di rito astrattamente idonea a definire il giudizio allo stato degli atti, passibile di rilievo officioso e incidente sul doversi procedere oltre nei rapporti processuali attinti da tale rilievo
visto l’art. 8 d.lgs. 28/2010
P.Q.M.
condanna parte attrice xxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, residente in omissis, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente a €550,00
manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, ivi inclusi quelli attinenti alle notificazioni conseguenti all’irrogazione di pena pecuniaria a carico della parte indicate in dispositivo
visto l’art. 187 cpc
invita le parti alla precisazione delle conclusioni visto l’art. 281 sexies cpc
invita le parti alla discussione orale della causa
***
Parte attrice riferisce che il numero di fax corrisponderebbe a utenza di xxxxxxxxxxxx
* * *
Il giudice
Rilevato che la circostanza da ultimo allegata è del tutto sprovvista di prova
Visto l’art. 85 cpc
Dispone procedersi con la precisazione delle conclusioni e la discussione
***
Parti attrici: come da atto in opposizione a decreto ingiuntivo.
Parte convenuta: in via pregiudiziale, eccepisce l’improcedibilità della domanda ex art. 5 d.lgs. 28/2010; conseguentemente l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo di tutte o di parte delle parti processuali; nel merito, come in comparsa di costituzione e risposta.
Le parti chiedono in caso di prosecuzione i termini ex art. 183, co. 6 cpc. Le parti discutono la causa illustrando i rispettivi argomenti.
Il giudice dichiara chiusa la discussione, si ritira in camera di consiglio, rinviando ad horas per la lettura della decisione. Invita tutte le parti a comparire alle ore 16.50 odierne nella medesima stanza in cui si è tenuta l’udienza, rendendosi presenti per la lettura della sentenza, che comunque avverrà, nell’ipotesi di assenza di una o più di esse non prima che siano decorsi 10 minuti dal succitato orario.
* * *
Riaperto il verbale alle ore 17.20, viene data lettura in udienza della seguente sentenza contestuale, alla presenza degli avvocati omissis
RG 772 / 2011
Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice Stefano Caramellino ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel procedimento RG 772 /2011 promosso da
(omissis)
CONTRO
(omissis)
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Parte attrice: in via pregiudiziale accertare l’incompetenza territoriale del tribunale di Siena in favore di quello di xxxxxxxxx Sezione Distaccata di xxxxxxxxxxxxxx per tutti i motivi di cui in narrativa e, per l’effetto, dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo numero xxxx/2011; nel merito: in tesi: accertare e dichiarare l’inefficacia e l’invalidità e/o nullità dell’ingiunzione di pagamento numero xxxx/2011, per i motivi tutti di cui in narrativa e per quelli ulteriori che ci si riserva di dedurre e precisare in prosieguo di giudizio; sempre in ogni caso: con vittoria di spese, competenze ed onorari. In via istruttoria: si chiede ammettersi c.t.u. contabile volta a determinare l’esatto ammontare delle partite di dare avere tra le parti, il tutto depurato dagli effetti dell’illegittima capitalizzazione trimestrale degli interessi ed all’applicazione illegittima della commissione di massimo scoperto.
Parte convenuta: in via pregiudiziale, eccepisce l’improcedibilità della domanda ex art. 5 d.lgs. 28/2010; conseguentemente dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo di tutte o di parte delle parti processuali; nel merito, previa dichiarazione di competenza territoriale del foro di Siena, respingere tutte le domande attrici perché infondate in fatto ed in diritto per i motivi addotti in narrativa e conseguentemente confermare in ogni sua parte il decreto ingiuntivo opposto numero xxxx/2011 emesso dal tribunale di Siena l’1/2 febbraio 2011 a favore della xxxxxxxxxx; nel merito e in denegata ipotesi di revoca del decreto ingiuntivo opposto, condannare in ogni caso la xxxxxxx ed i garanti di questa xxxxx, xxxxx, xxxxx, nei limiti di ciascuna loro fideiussione, al pagamento a favore della xxxxxxx delle somme che risulteranno di giustizia da questi dovute. Con vittoria di spese e di onorari.
Il giudice,
RAGIONI di FATTO e di DIRITTO
rilevato che l’eccezione di incompetenza per territorio del giudice adito nella fase monitoria è stata formulata da parti attrici opponenti senza contestare tutti i fori alternativi ex art. 20 cpc, in particolare quello del luogo presso il quale l’obbligazione deve essere adempiuta (il domicilio del creditore al tempo della scadenza ex art. 1182, co. 3 cpc, che tra l’altro è appunto Siena)
rilevato che parti attrici opponenti neppure deducono che la clausola inerente alla competenza territoriale del foro in cui è sita xxxxxxxxx vada interpretata come clausola di foro esclusivo malgrado la contemporanea pattuizione della competenza di questo Tribunale contenuta nelle fideiussioni
ritenuta pertanto l’inammissibilità dell’eccezione di incompetenza territoriale, così per come formulata;
rilevato che all’esito della prima udienza, con ordinanza riservata comunicata a tutte le parti costituite, era stato assegnato il termine di cui all’art. 5, co.1 d.lgs. 28/2010 per la promozione della mediazione obbligatoria, nella ricorrenza dei presupposti per tale statuizione
rilevato che detta norma è oggetto di giudizio di legittimità costituzionale in esito all’ordinanza TAR Lazio 12 aprile 2011, numero 3202, ma che tale circostanza non integra causa di sospensione necessaria ex articolo 295 c.p.c., poiché secondo la giurisprudenza di legittimità “il giudice, qualora ritenga rilevante la questione, [deve] investire a sua volta la Corte costituzionale e successivamente procedere alla sospensione del giudizio” (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 24946 del 24/11/2006 Rv. 593752, nonché le ordinanze emesse in pari data numeri 24947, 24949, 24950)
rilevato che la norma censurata di illegittimità costituzionale dal TAR Lazio inter Aliis prescrive il previo esperimento di una procedura per la risoluzione di controversie civili e commerciali relative a diritti disponibili alternativa all’azione giudiziale, di fatto notoriamente dispendiosa in termini economici e, nell’odierna contingenza emergente dalle statistiche Istat nazionali e locali, di tempo
ritenuto pertanto che la mediazione obbligatoria, senza violare il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, introduca un ulteriore strumento di tutela dei diritti, la cui effettività, potenzialmente non minore di quella della giurisdizione nell’odierno contesto, necessita rebus sic stantibus del presidio dell’obbligatorietà, stante la novità dell’istituto
ritenuto per tali ragioni di non dover sollevare d’ufficio ex art. 23, commi 3 ss. Legge 87/1953, questione di legittimità costituzionale della predetta norma, peraltro nemmeno sollecitata dalle parti in causa, anche alla luce del fatto che al punto 9 della propria Risoluzione 13 settembre 2011 n. 2011/2026(INI) il Parlamento Europeo ha osservato “che i risultati raggiunti, in particolare in Italia, Bulgaria e Romania, dimostrano che la mediazione può contribuire a una soluzione extragiudiziale conveniente e rapida delle controversie attraverso procedure adeguate alle esigenze delle parti”
considerato che l’improcedibilità deve essere rilevata d’ufficio dal giudice
rilevato che nel caso di specie le tre persone fisiche parti attrici opponenti, destinatarie dell’ingiunzione in qualità di fideiussori hanno conferito mandato a conciliare ad uno dei loro difensori, che tuttavia non risulta avere proposto alcuna domanda di mediazione in loro nome, bensì soltanto in nome e per conto della xxxxxxxx attrice opponente, ancorché in persona delle tre predette persone fisiche, sempre menzionate nella sola loro qualità di sue legali rappresentanti (docc. 3 attori, 17 convenuti, 21 convenuti)
rilevato che pertanto queste ultime, sebbene dotate della veste processuale di attrici opponenti, non hanno in alcun modo preso parte alla mediazione obbligatoria
rilevato che anche la xxxxxxxx promotrice di tale procedura, peraltro, si è limitata a depositare una domanda introduttiva di procedura di mediazione, senza poi prendere parte alla procedura stessa (lo si desume dal doc. 3 di parte attrice e 21 di parte convenuta) e senza corrispondere né le competenze del mediatore, né tantomeno le spese introduttive della procedura, al cui versamento risulta invece avere fatto luogo la convenuta opposta (doc. 20 di parte convenuta)
rilevato per di più che nel caso di specie parte attrice opponente ha promosso la procedura di mediazione senza provocare o procurare la presenza delle parti della presente lite (i tre attori opponenti persone fisiche) diverse dal convenuto opposto
ritenuto in punto di diritto che la prescrizione legale del previo esperimento della procedura media – conciliativa, in quanto intesa allo scopo della deflazione del contenzioso mediante l’offerta di un’effettiva ed attuale possibilità di definizione stragiudiziale della controversia anteriormente alla trattazione della medesima, non possa ritenersi soddisfatta mediante un mero formalistico deposito di domanda cui non faccia seguito alcun comportamento della parte proponente idoneo a perseguire né l’instaurazione di un effettivo ed integro contraddittorio di fronte al mediatore, né l’effettiva fruizione del servizio da quest’ultimo erogato, che trova il suo corrispettivo nel pagamento delle competenze del mediatore
ritenuto pertanto che il comportamento elusivo tenuto dalla xxxxxxx attrice opponente nei confronti della prescrizione legale di un presupposto processuale, costituente norma imperativa poiché posta a presidio del giusto processo e della sua ragionevole durata mediante la complessiva deflazione del contenzioso civile, anche nell’interesse pubblico, integri gli estremi della frode alla legge, che da sempre l’interpretazione del Supremo Collegio identifica con il perseguimento in via di fatto di un risultato vietato dalla legge con norma imperativa (Cass. 11/01/1973, n. 63, conf. Cass. 17 luglio 1981, n. 4414, ma già Cass. 03/02/1967, n. 302, secondo cui atto in frode alla legge è quello che tende a “raggiungere fini contrari alla legge o ad ovviare a divieti tassativi di legge”; tutte le pronunce citate sono state adottate dalle Sezioni Unite della Suprema Corte)
ritenuto che nel caso di specie lo scopo di eludere, sul piano sia della sua funzione processuale sia dei suoi riflessi pecuniari, l’obbligatorietà della media-conciliazione sia stato efficacemente perseguito da parti attrici opponenti, in contrasto con la norma imperativa processuale
ritenuto che ne discenda l’improcedibilità della causa di opposizione a decreto ingiuntivo in capo a tutti gli attori opponenti
ritenuto che la presente statuizione abbia forma di sentenza poiché le condizioni di procedibilità, come riconosciuto dalla giurisprudenza unanime sull’interpretazione dell’art. 145 d.lgs. 209/2005, incidendo sull’an del diritto di azione, sono idonee a definire la lite con pronuncia in mero rito, che in difetto di contraria disposizione di legge non può che avere la forma prescritta dall’art. 279, co.3 n. 2 cpc; anche Trib. Roma, Sezione Distaccata di Ostia, 26 marzo 2012 ha ritenuto che il provvedimento con cui il giudice definisce la questione della procedibilità dell’azione ha natura sostanziale di sentenza
rilevato che in ragione dell’assoluta carenza di specifica allegazione e prova circa le somme asseritamente non dovute, palesata dalla mancanza di elaborati tecnici di parte, il decreto opposto è già stato munito, nei confronti di tutti gli attori opponenti, di efficacia esecutiva, sicché non si pone questione circa l’applicabilità dell’art. 653, co.1 cpc
rilevato ai fini delle spese di lite che non sussistono gravi ed eccezionali ragioni per discostarsi dal criterio della soccombenza, pertanto occorre applicare l’art. 9, co.3 d.l. 1/2012 e la tabella allegata al DM Giustizia 127/2004, in relazione al valore di causa compreso tra €103.300 ed €258.300
ritenuto che la definizione in rito, a fronte peraltro della qualità dell’attività difensiva svolta da parte convenuta, implichi la liquidazione degli onorari nel valore medio della forcella, tenuto conto che si sono tenute tre udienze, una delle quali non esauritasi nella discussione ritenuto che, anche alla luce dell’assoluta inconsistenza ai fini del merito dei documenti attorei, meriti una proporzionata sanzione ex art. 96, co.3 cpc la condotta dilatoria concretatasi nella tardiva rinuncia al mandato, inefficace sia perché non vi è prova che sia stata trasmessa ad alcuno degli attori opponenti, sia comunque ex art. 85 cpc, e vieppiù nella formulazione e reiterazione di manifestamente infondata istanza di rinvio per rinuncia al mandato, peraltro non accompagnata da istanza di rinvio ex art. 281 sexies cpc, ragione quest’ultima per cui la misura della sanzione va equitativamente contenuta entro il centesimo del valore di lite in linea capitale
visti gli artt. 281 sexies, 279 e 91 ss. cpc
il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni contraria domanda, istanza, eccezione e deduzione reietta o assorbita
P.Q.M.
dichiara improcedibile l’opposizione proposta da parti attrici opponenti xxxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, xxxx, xxxxx, xxxxxxx avverso il decreto ingiuntivo Tribunale di Siena xxxx/2011, che conferma a favore di parte convenuta xxxxxxxxxxxxxx , in persona del legale rappresentante pro tempore
condanna parti attrici opponenti xxxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore, xxxx, xxxxx, xxxxxxx, in solido tra loro,
1- a rifondere le spese processuali di parte convenuta xxxxxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore che liquida in euro 1195,00 per diritti, euro 4805,00 per onorari, oltre rimborso forfetario 12,50% ex art. 14 allegato al DM Giustizia 8 aprile 2004, n. 127, oltre CPA ed IVA ai sensi di legge
2- al pagamento di una somma di €1.460,30 a favore di parte convenuta xxxxxxxxxxxxxxx, in persona del legale rappresentante pro tempore
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza, ivi inclusi quelli conseguenti alle statuizioni sopra adottate in tema di sanzione pecuniaria.
Siena, 25/06/2012 . Letta in udienza. Verbale chiuso alle ore 17.35
Il giudice
Stefano Caramellino
Si propone il testo dell’Autorizzazione generale del Garante della Privacy relativo al “Differimento dell’efficacia dell’autorizzazione al trattamento dei dati sensibili nell’attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali – 28 giugno 2012” (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 14 luglio 2012).
Per visionare il testo, clicca sul seguente link.
Si propone il testo dell’Autorizzazione generale del Garante della Privacy relativo al “Differimento dell’efficacia dell’autorizzazione al trattamento dei dati a carattere giudiziario correlato all’attività di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali – 28 giugno 2012″ (Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 163 del 14 luglio 2012).
Per visionare il testo, clicca sul seguente link.